Riassumo i concetti principali.
E’ stato progettato per incoraggiare la creatività.
1- Si parla pure delle tre P del Design Thinking (Curedale (2013):
Le Persone (l’essere umano),
Il Processo (il processo di #problem solving)
Il Luogo (Place) ovvero gli spazi di lavoro chre devono essere considerati per lo sviluppo di un’idea di successo.
Una quarta P può essere la Partnership, poiché in genere un gran numero di collaboratori può essere coinvolto nello sviluppo e nella realizzazione delle idee, come abbiamo scritto.
2- Orientamento rivolto al cliente: Il Design Thinking inizia con le persone e non con una tecnologia o un obiettivo aziendale. Il cliente dovrebbe avere una decisiva influenza sulle decisioni “go/stop” nel processo di Design. #Questo deriva dalla constatazione che non è più sufficiente sondare i clienti con gli strumenti classici della ricerca di mercato. I metodi tradizionali di ricerca di mercato (test) danno sovente risultati deludenti nella ricerca di prodotti innovativi.
3- Cicli di iterazione. Come abbiamo letto, si alternano diverse fasi di progettazione nel Design Thinking. Questo perché ritornare a una fase precedente non è un errore, ma il contrario. Il fallimento è parte integrante di questo approccio e deve essere considerato, compreso, accettato e persino aspettato da tutti i partecipanti.
L’idea di base è: “Fallire velocemente per avere successo prima”
4- Evidenzia l’empatia: è un elemento centrale il mettersi nella situazione del cliente/utente e di osservarlo nel dettaglio. L’empatia crea la giusta distanza tra chi innova e il cliente. In altre parole, questo approccio crea un orientamento al cliente. Lo sviluppo dell’idea può quindi essere meglio adattato ai bisogni per soddisfare le esigenze e i desideri dei clienti.
5- Considerazione sui partecipanti al progetto. Il Design Thinking si avvale (quando possibile nelle aziende) delle conoscenze, l’esperienza e le prospettive di un team di esperti, in genere, ingegneri, studiosi naturali, umanisti, sociali, economisti, ecc. La cooperazione multidisciplinare è messa a frutto. E come abbiamo visto prende in considerazione le differenze di età, sesso, appartenenza all’azienda (da lungo tempo / per il momento breve in azienda), esperienza con l’argomento (intensiva, poco, per niente) e/o tipo di personalità (introverso, estroverso, estroverso, ecc.).
6- Lo spazio. Sappiamo tutti che lo spazio è fondamentale per l’apprendimento. Il Design Thinking crea spazi di lavoro creativi e orientati al gruppo, sia reali che visrtuali.
Sono definiti gli spazi “Me” (per il lavoro individuale) e gli spazi “We” (per il lavoro di gruppo). Gli spazi reali devono essere flessibili e stimolanti, da attrezzare per il lavoro individuale, di gruppo e per il lavoro in plenaria. Per le diverse fasi del Design Thinking occorrerebbe scegliere luoghi, stanze o arredi diversi per creare sempre nuove atmosfere (adatte al rispettivo lavoro).
7- Negli spazi si combinano le fasi analitiche (raccolta, organizzazione, valutazione delle informazioni) e fasi sintetiche (sviluppo, sperimentazione, miglioramento delle soluzioni). In questi ambienti il problema viene analizzato in dettaglio (il cosiddetto spazio delle problematiche), dove l’attenzione è focalizzata su cosa e perché? (qual è il problema? Perché è un problema?). Quindi vengono sviluppate e testate soluzioni concrete (il cosiddetto solution space): qui si pone la domanda su “come (qualcosa può essere risolto)”.
8- Le fasi della soluzione del problema. La ricerca della soluzione avviene tra fasi divergenti, che portano ad una raccolta di informazioni o la generazione di idee, e fasi convergenti, che portano ad una definizione/osservazione del problema, attraverso la presa di decisioni tra alternative. Queste fasi divergenti e convergenti si alternano, cosicché il processo di Design Thinking si disegna con un doppio diamante (Design Council UK (2005)).